CARLO SIPSZ : LA MAGIA DELLA MATERIA

(di Silvano Godani)

L’Arte, si sa, ha sempre avuto a che fare con la Magìa, a cominciare dalle ‘Veneri Steatopigiche’ paleolitiche dei Balzi Rossi o di Willendorf, su su fino agli stranianti “Innamorati” di Chagall che svolazzano dentro cieli affollatissimi di sogni variopinti. E tanto più la Magìa si carica di Mistero quanto più il segno artistico si fa ‘Informale’, cioè privo (almeno apparentemente) di un controllo razionale, proprio per toccare altre sponde dell’espressione coniugando in una sintesi istantanea atto-essere-gesto. Fino al punto che, nel momento creativo, quasi non si distingue l’opera dall’artista, operatore di ‘magìe’ e frutto egli stesso di misteriose ‘magìe’.

Ma le magìe non nascono dall’improvvisazione se è vero che, come sosteneva Bruno Munari nel 1950 sulla rivista “AZ” in maniera in parte provocatoria, “L’Arte è un Mestiere”. Nel suo significato più nobile (si pensi al concetto di ‘téchne’ per gli antichi Greci) l’Arte è ‘psicagogica’, cioè qualcosa che ci sollecita ad andare oltre la realtà immediata dell’oggetto che comunica con noi attraverso un suo peculiare sistema di segni, dalla forma al colore, dalla materia all’intervento, intellettuale e concretamente manuale, sulla materia stessa. Perché, osservava già Michelangelo, “Si dipinge col cervello e non con le mani”.

Fare Arte, quindi, è una scelta esistenziale, è un percorso disseminato di esperienze, stimoli, curiosità, fantasie, riflessioni estetiche che costringe a personalizzare la propria cifra espressiva.

Carlo Sipsz, annus natalis 1941, comincia presto a masticare arte. Nel 1957 frequenta l’Istituto Arte della Medaglia di Genova e ne esce incisore e cesellatore, imparando dai maestri rinascimentali a trattare metalli, legno, pietra grazie allo scultore Walter Klemmer e tra il 1966 e il 1970 si specializza in scultura all’Accademia Ligustica di Belle Arti. Ma nel frattempo, tra il ’60 e il ’63, fa esperienza di scenografia al Teatro Carlo Felice, metabolizzando probabilmente la forza cromatica di quel rosso turgido e potente, disseminato su arredi/poltrone/sipari, che caratterizzerà tanta parte delle sue opere successive. Poi, nel 1974, arriva ad Albisola e vi scopre la magìa dell’Arte del Gran Fuoco, difficile da governare ma proprio per questo stimolante, sulla scìa dei grandi maestri del ‘900 che fecero di Albisola la capitale mondiale della Ceramica, da Fontana a Jorn, da Sassu a Luzzati a Capogrossi.

Da allora consolida la sua presenza ad Albisola e Savona impiantando uno studio/laboratorio nel quale si dedica anche all’ arredo d’interni, coniugando ceramica-ferro-bronzo-pietra con il legno, sia costruendo razionali impianti ‘totemici’ (si vedano per es. le sue sculture “Reperto n.1-Ferro e Pietra, h. cm.230” e “Reperton.2 -Legno, pietra e ferro, h.260cm”), sia graffiando/scavando/sbrecciando soprattutto l’argilla alla ricerca di quell’anima mundi che si nasconde sotto la dura corteccia della Forma.

Sipsz lavora così, ‘scorteggiando la Materia’ come si trattasse di legno vivo per arrivare a scoprirne il tenero midollo, la linfa ‘magica’ che genera la Vita, che dà senso all’Universo, che fa sì che la Natura sia ancora capace di rinnovare le sue stagioni, nonostante gli assalti impròvvidi dell’Homo Sapiens che pure dovrebbe chiedersi, come già faceva Munari, “perché non contribuire a migliorare l’aspetto del mondo in cui viviamo? L’uomo inventa armonie/di suoni/di colori/di forme/di movimenti”.

Ma, specialmente oggi, si può fare solo se l’Uomo/Artista riesce a rimuovere la superficiale maschera di bellezza della Materia e liberarne la primigenia Magìa.

Orario Galleria/mostra :chiuso il lunedi mattina | tuttiigiorni11/12.30 –15.30/19.30