GIORGIO MOISO: “COLORE, MATERIA, GESTO”

Al Centro Ceramico Museo Fornace Pagliero 1814

di Castellamonte (TO) dal 10 maggio

Verrà presentata il 10 maggio, alle 11, presso il “Centro Ceramico Museo Fornace Pagliero 1814”, in frazione Spineto, 61, a Castellamonte (To) la mostra “Colore, Materia, Gesto”: una antologica con circa 50 opere di Giorgio Moiso (Cairo Montenotte 1942 – Savona 2019) a cura di Antonella Gulli.

La mostra sarà poi aperta al pubblico dall’11 al 25 maggio con il seguente orario: festivi e prefestivi dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30, lunedì chiuso, giorni feriali apertura pomeridiana dalle 15 alle 18.30.


Ritorna la tradizionale RASSEGNA KÉRAMOS 2025, giunta alle XI edizione, che quest’anno copre un arco temporale fino a fine gennaio 2026, sviluppando eventi e mostre, sia nella location della Galleria GULLIarte, che in altre sedi pubbliche e private rassodando sodalizi storici e nuove collaborazioni.

Il primo evento in calendario è a Castellamonte presso il CENTRO CERAMICO MUSEO FORNACE PAGLIERO 1814, con una grande mostra dedicata al Maestro:

GIORGIO MOISO – COLORE, MATERIA, GESTO.

Un’operazione destinata a lasciare una traccia importante nel centro di Castellamonte, con l’allestimento, nella Fornace Pagliero, dell’opera “Tappeto da viaggio”: un pannello monumentale di circa trenta metri quadrati, composto da 189 formelle, che rinsalda il legame tra il luogo in cui è stato cotto e la Piral, la città di Albisola in cui era stato plasmato.

Si tratterà dell’opera più rappresentativa della mostra. Il suo fulcro. Un diamante che verrà esposto presso uno dei cortili interni del complesso.

Il grande pannello rimarrà poi in permanenza negli spazi del Museo!

Nell’interno della Fornace sarà allestita una retrospettiva con circa 50 opere di Giorgio Moiso (Cairo Montenotte 1942 – Savona 2019) a cura di Antonella Gulli. con la presentazione e il testo critico a cura di Domenico Iaracá.

L’esposizione è in calendario nei programmi di Castellamonte degli eventi di BUONGIORNO CERAMICA,nei giorni 17/18 maggio 2025

IL 23 agosto 2025 la mostra sarà riaperta durante le manifestazione della 64 Mostra della Ceramica di Castellamonte, fino al 14 settembre 2025.

Info orari e apertura in dettaglio sul sito www.fornacepaglierocastellamonte.it

Dal 29 Novembre 2025, la mostra sarà trasferita a Savona in Galleria GULLIarte, nella quale verranno inserite per l’occasione delle nuove opere.

TESTO CRITICO A CURA DI DOMENICO IARACA

GIORGIO MOISO E LA LIBERTÁ NELL’ARTE.

Il prossimo 10 maggio inaugura a Castellamonte un mostra dedicata a Giorgio Moiso e la sua ricerca artistica. Opportunità importante con opere che ripercorrono le diverse tappe del suo percorso con un’opportunità unica di approfondire il suo operare tra Albisola e il centro del Canavese su cui ci soffermeremo tra poco.

Già da questa premessa appare immediatamente chiaro come sia un compito davvero arduo se non impossibile riassumere, sinteticamente ed esaustivamente al tempo stesso, una carriera pluriennale con molte tappe diverse al suo interno. Per quanti fossero  interessati ad una prospettiva diacronica non possiamo quindi che rimandare alla fortunatamente ricca bibliografia. Altrettanto numerosi i giudizi espressi dagli artisti di indubbia fama incrociati nel suo percorso, da Agenore Fabbri a Bruno Ceccobelli, solo per fare due esempi.

Ci limitiamo così ad alcuni spunti di riflessione a partire dal tema delle sue opere e le scelte cromatiche a questi legate.

La tela del 1971 dedicata a L’albero, tema centrale della produzione di Moiso. non può che ricordarci un’opera centrale nella storia dell’arte, il lavoro di sessant’anni esatti precedenti di un altro grande pittore, il belga Piet Mondrian, ora al Gemeentemuseum Den Haag. La scelta di abbandonare le cromie naturali per i toni di grigio, il progressivo ridursi delle forme tridimensionali a pretesti grafici sembrerebbero accomunare il percorso intrapreso dai due. Ma basta procedere di pochi anni nei rispettivi percorsi per vederne le discrepanze. Se noi tutti abbiamo davanti agli occhi le scansioni geometriche che scandiscono le tele di Mondrian, le sue campiture cromatiche uniformi, non possiamo che apprezzare, in Moiso, le campiture di forme mai uguali alle altre, I colori corposi che coprono le tele. Alberi prima e canne poi, in sequenze di colori primari accostati gli uni agli altri in estrema libertà.

Lo stesso principio ispiratore crediamo di poter riscontrare nella sua trasposizione su tela degli stimoli offerti dalla musica jazz. Nel tentativo di descrivere le opere di questo periodo la critica ha usato I termini “infigurale e dinamicamente spontanea”,

Se consideriamo gli esiti dell’incontro di artisti diversi con gli stimoli offerti dai paesaggi urbani e più latamente culturali degli Stati Uniti gli esiti appaiono decisamente personali. Se Mondrian, arrivato a New York, parcellizza ulteriormente I suoi tracciati già ortogonali; se Renza Sciutto, conterranea di Moiso, in anni più recenti del pittore olandese riporta nelle sue opere il tracciato regolare delle finestre che ci sovrastano nel percorrere le strade della metropoli, Moiso preferisce rivolgersi alla più impalpabile delle fonti d’ispirazione, la musica, che diventa parte integrante delle sue performance.

Prima di concludere un accenno – veloce, ma doveroso – ad un’opportunità rara offerta dalla mostra di Castellamonte; ci riferiamo alla possibilità di vedere allestita l’opera Tappeto di viaggio. Si tratta di pannelli di ceramica realizzati ad Albisola e cotti poi a Castellamonte, per rinsaldare un legame profondo tra I due centri di antica tradizione ceramica.

Il Centro Museo Fornace Pagliero 1814, presenterá l’opera monumentale di circa trenta metri quadrati, con profili femminili incisi nell’argilla. Se ne I tarocchi, opere di alcuni anni precedenti, la citazione della ceramica tradizionale anima le vesti dei personaggi, anche questa scompare del tutto in Tappeto di viaggio per lascaire spazio al gesto libero, in una produzione che ha fatto della libertà il suo tratto distintivo.

Domenico Iaracá



MARIAN HEYERDAHL – OLE LISLERUD


Sabato 12 aprile 2025 alle ore 18.30, s’inaugura presso la Galleria GULLIarte, la nuova bipersonale

SIMBOLISMI CONTRAPPOSTI

degli artisti Marian Heyerdahl e Ole Lislerud.

Un’allestimento di diverse opere. Alle tele di Lislerud – di grandi dimensioni e dai colori intensi o sfumati – si contrappongono le sculture ceramiche dall’eco orientale della Heyerdahl. Il tutto è affiancato dalle raffinate opere su carte di riso, leggere e quasi impalpabili, realizzate da entrambi gli artisti, in un dialogo di linguaggi contrapposti da cui nasce il titolo ”Simbolismi contrapposti”.

La mostra sará visitabile fino al 1 giugno 2025.

Orario galleria: chiuso il lunedí mattina – tutti i giorni dalle 12.00/19.30

info: 3478055044



SIMBOLISMI CONTRAPPOSTI

Ole Lislerud e Marian Heyerdahl sono artisti di nazionalità Norvegese, di grande esperienza internazionale e di raffinata cultura.

Nel loro percorso artistico si sono confrontanti con culture, genti e Paesi diversi, conducendo esperienze lavorative in varie parti del mondo.

In questa bipersonale, sono allestite diverse opere. Alle tele di Lislerud – di grandi dimensioni e dai colori intensi o sfumati – si contrappongono le sculture ceramiche dall’eco orientale della Heyerdahl. Il tutto è affiancato dalle raffinate opere su carte di riso, leggere e quasi impalpabili, realizzate da entrambi gli artisti, in un dialogo di linguaggi contrapposti da cui nasce il titolo ”Simbolismi contrapposti”.

Marian Heyerdahl presenta al pubblico l’installazione che ha ideato per la mostra di Argillá2024 a Faenza, nel quadro di una mostra che si é svolta nel prestigioso Palazzo Milzetti, Museo dell’Etá Neoclassica in Romagna.

Le opere, che abitavano la “stanza della pace e della guerra” del già citato Palazzo Milzetti, sono una ricerca ispirata ai guerrieri cinesi di terracotta, unici protagonisti della vicenda, con il loro ruolo attivo di uomini in guerra; la rilettura dei conflitti data da Marian Heyerdahl si focalizza invece su chi questi eventi li subisce siano, essi donne o bambini.

A loro appartengo i volti ritratti, protetti da un’inutile casco di carapace di aragosta. Alle loro vite sembrano rimandare le fratture tra le tessere che compongono la parola pace scritta sui suoi grandi piatti, posti su un tappeto o mosaico di ceramiche rotte, quasi una metafora di ferite profonde che vengono in superficie. In contrasto con la profonda sofferenza i colori scelti dall’artista: talvolta sono squillanti o preziosi, oro e argento,quasi da oggetto Pop.

Nelle opere su carta, l’artista si stacca dalla spontaneità intuitiva degli schizzi, base di partenza per i suoi lavori, ed entra in un mondo meditativo, ove i puntini ripetuti della penna formano una sua storia da raccontare.

Tematiche attuali, ma a volte ironiche, sono rivolte al mercato dell’arte, con la raffigurazione della banana che l’artista Cattelan ha creato. Quest’opera è rivisitata dalla Heyerdahl con nastri con impresso il logo dei dollari americani per enfatizzare il grande clamore mediatico e speculativo dell’opera stessa.

Le grandi tele di Ole Lislerud hanno una scelta cromatica che ci avvicina a movimenti di rottura e di distanza dalla classicità e un certo accademismo.

Un filo conduttore costante, basato su iscrizioni, segni e simboli, elementi centrali della sua ricerca artistica, i quali stanno a simboleggiare l’importanza e l’attenzione che l’artista sollecita agli osservatori verso le culture e le lingue che stanno scomparendo per l’effetto dell’attuale globalizzazione culturale.

Lislerud ha scelto di approfondire per questa mostra una sua riflessione sul rapporto immediato eppure complesso fra valore simbolico del linguaggio e identità culturale collettiva, testimonianza della sua continua, intensa e sagace ricerca relativa alla propria identità individuale.

A partire dall imponente Lex Portalis del Palazzo di Giustizia di Oslo (opera in porcellana del 1992) all’odierna mostra SIMBOLISMI CONTRAPPOSTI (GulliArte, Savona, 2025), Lislerud sperimenta la scrittura su materiali diversi, spaziando dalla porcellana al vetro, all’alluminio, L’attenzione ai segni si è sviluppato anche attraverso la pittura e la calligrafia, senza cadere negli stilemi calligrafici tipici dell’Oriente, pur subendone il fascino e l’energia.

Una preziosa opportunità per estimatori dell’arte contemporanea, di apprezzare modalità diverse di guardare al mondo che ci circonda..


OPERE NELLA MOSTRA SIMBOLISMI CONTRAPPOSTI

OLE LISLERUD

LETTERA MISTICA LAVAGNA PERGAMENA

ACRILICO SU TELA 120X120CM


MARIAN HEYERDAHL

CRESCINI - NEL VILLAGGIO DELLA MEMORIA - da GULLIarte a Savona, sabato 1 marzo 2025, ore 17.30. Presentazione a cura di Ferdinando Molteni.                                        Ogni opera di Crescini è la sintesi del suo percorso. Della sua vita. Del suo sguardo sul mondo. E sulle cose: due sedie, un lacerto di rete da pesca e una manciata di pesci. Le sedie sono la quotidianità rassicurante e domestica, lo stare insieme, la partecipazione.  La rete è la trappola, dentro la quale tutti possiamo cadere. Ma dalla quale si può uscire, vivi o morti. E i pesci di Giovanna Crescini, che sono vivi anche se sono morti, lo raccontano con l’evidenza di un fotogramma, con la grazia dei colori e delle forme. Con la poesia insomma.

Sabato 1 Marzo alle ore 17.30 l’antologica dell’artista Giovanna Crescini.

a cura di Antonella Gulli.

Presentazione e testo critico a cura di Ferdinando Molteni.

Un’esposizione di tele e ceramiche, con una selezione cronologica di varie tematiche, in cui l’artista ha sviluppato la sua arte.

L’esposizione é visitabile dal 1 marzo al 31 marzo 2025


I mondi sommersi (e quelli emersi)
di Giovanna Crescini

Pesci, pesci, siamo pesci con branchie rosse;
nulla ci turba e freddo è il nostro sangue:
siamo ottimisti per i nostri guai,
che a esser branco ogni pesce è eroe.

Herman Melville, da Noi pesci

L’ho raccontato mille volte, a lei e agli amici, e l’ho anche scritto. Ma è davvero successo così. Per caso.
Una ventina di anni fa. Forse anche di più.
Lavoravo, allora, al quotidiano “Il Secolo XIX” che aveva una bellissima e grande redazione in via Paleocapa. Ci andavo a piedi, perché stavo in via Martinengo. E tutte le mattine passavo davanti alle vetrine della Cassa di Risparmio di Savona. Dove si esponevano opere d’arte.
Di solito andavo dritto. Non c’era molto che mi interessasse. Qualche vecchia ceramica e qualche peintre du dimanche. Magari anche bravo, ma la cosa finiva lì. Non mi fermavo quasi mai.
Poi, un giorno, ecco in quelle vetrine un’esplosione di colori, di personaggi, di vita vera. Mi fermo a guardare i quadri. Sono una cosa che, lì per lì, rimanda a Renato Guttuso e, anche, all’assonante Saverio Terruso. Quadri magnifici. Capaci finalmente di raccontare. Penso di avere di fronte un’artista siciliana – perché il nome lo avevo letto e sapevo che era una donna – o comunque meridionale.
Invece scopro, dopo qualche tempo, che si tratta di un’artista che non è siciliana ma umbra. E che vive da queste parti.
Da quel giorno non l’ho più persa di vista.
Ed ho amato le sue tele, piene di vita e di pesci, di sedie e di mondi sommersi, i suoi paesaggi liguri, le sue ceramiche dalle forme inusuali, con i ramarri che le risalgono, le sue incredibili piante con gli uccelli che stanno per spiccare il volo, il suo lettering e le sue citazioni delle formelle della fontana di Perugia e poi la sua rilettura dei tarocchi.
Giovanna Crescini, per me, non è una di quelle troppe numerose artiste e di quei troppi numerosi artisti che cercano il clamore e invocano la loro – presunta – originalità. Che peraltro è sostanzialmente impossibile in arte. Crescini cerca, come gli artisti veri, la poesia. Che è la vera cifra dell’arte. Della sua e di quella degli altri.
Ne trovo tanta nelle sue opere. Sia di ceramica che su tela. Anche perché i temi, in fondo, sono gli stessi. Cambia solo la materia.
Ogni opera di Crescini è la sintesi del suo percorso. Della sua vita. Del suo sguardo sul mondo. E sulle cose. Ma se dovessi scegliere un’opera tra quelle esposte ne sceglierei una fatta di due sedie, un lacerto di rete da pesca e una manciata di pesci. Le sedie sono la quotidianità rassicurante e domestica, lo stare insieme, la partecipazione. La rete è la trappola, dentro la quale tutti possiamo cadere. Ma dalla quale si può uscire, vivi o morti. E i pesci di Giovanna Crescini, che sono vivi anche se sono morti, lo raccontano con l’evidenza di un fotogramma, con la grazia dei colori e delle forme. Con la poesia insomma.

                                                                                                              Ferdinando Molteni

Orari apertura Galleria GULLIarte:

chiuso il lunedí mattina – pomeriggio 15.30/19.30 tutti i giorni 12.00/19.30

info:3478055044 – info@gulliarte.it


Sabato 1 febbraio 2025, dalle ore 17.30, fino al 23 febbraio 2025, ritorna in Galleria GULLIarte, a Savona in Via Nostra Signora dell’Olmo 9, una collettiva a tema sulla carta, dal titolo:
CHARTA
Charta, o meglio, la carta, è come una barca, o come un carro. Insomma: un veicolo che va e che porta quello che ci viene messo sopra.
Sa portare cose, memorie, fatti accaduti. Ma non solo: sensazioni, pensieri, emozioni. Talvolta porta storie, racconti, figure; oppure idee, calcoli, progetti, ma anche speranze, sensazioni, stati d’animo.
Perché la carta è docile. Si adatta alla forma, al peso e al carattere di ciò di cui è caricata. Certo è leggera, fragile, può essere effimera, ma se la tratti con la giusta cura, se la proteggi da strappi e incidenti, dall’acqua e dal fuoco, è capace di formidabili viaggi nel tempo. Traversate di anni, di decenni, di secoli.
Le merci che porta sono le più diverse: parole, colori, immagini, testi, composizioni, ma nel nostro caso, vedi un po’, figure.
A volte si carica di storia o di poesia, oppure di segni, disegni, spiegazioni.
Ma quando a caricarla è l’Arte, quella visiva intendo, la carta fa i viaggi più belli, quelli più coinvolgenti e immediati. Quelli ove non dobbiamo decifrare segno per segno, riga per riga, ma possiamo riempirci il cuore in un attimo, con uno sguardo veloce e immediato, per poi soffermarci a lungo, guardando più da vicino, con la luce giusta, ascoltando nel silenzio le voci degli artisti, che la carta porta per noi, con fedeltà. 
Charta, che ormai da cinque edizioni, grazie a GULLIArte, ci parla, è come una carovana che va, che attraversa il nostro orizzonte e ci porta il canto dei viaggiatori che l’hanno scelta per il loro cammino:
VALERIA BRUNO, LIA FRANZIA, MIRCO DENICOLÓ, MARIAN HEYERDAHL, OLE LISLERUD, SANDRO LORENZINI, CARLO PIZZICHINI.
Su, vediamo i loro racconti, ascoltiamo le loro figure.
Buona Charta…!


Sabato 30 Novembre 2024, dalle ore 17.00, fino al 26 Gennaio 2025, ritorna in Galleria GULLIarte, a Savona in Via Nostra Signora dell’Olmo9, l’ereditá artistica del Novecento, con una retrospettiva di pittura, del Maestro Gigi Caldanzano, dal titolo:

Quando la banda passó…”.

Gigi Caldanzano, poeta di una città immaginata e musicale

Quando guardo i quadri di Gigi Caldanzano mi chiedo sempre se la Savona che racconta sia quella vera, oppure se sia il frutto della sua immaginazione. Mi chiedo, in definitiva, se Caldanzano sia un pittore del reale o del sogno. Poi arrivo sempre alla stessa conclusione: Caldanzano, come tutti i poeti autentici, trasfigura la realtà, la ricrea con i suoi pennelli e i suoi colori, la restituisce con i suoi bellissimi dipinti.

Savona era una città che respirava musica, che si nutriva di musica. Allora come oggi. E questa mostra testimonia questa infinita passione che riguarda, nelle storie di Caldanzano, più il popolo che le élite

…Questa esposizione – magnifica per ricchezza di opere e originalità – credo confermi quanto ho cercato di dire. Con varianti stilistiche formidabili – Caldanzano passa agevolmente dal Picasso del periodo blu alle atmosfere oniriche di Chagall, transitando per l’Espressionismo tedesco e il mai dimenticato Mino Maccari, solo per fare qualche esempio – Caldanzano, dicevo, lo fa restando sempre riconoscibile. Restando sempre Caldanzano…

…Ricordo il suo studio di via San Lorenzo, luogo magico e pieno di storia; le tele ordinate per bene sopra gli scaffali, quasi fossero i libri di una biblioteca dell’anima. E quella appoggiata al cavalletto ancora da finire. E, ancora, la sua tavolozza, i pennelli e il suo camice bianco che indossava con l’eleganza di un uomo d’altri tempi.

Perché così Caldanzano voleva essere. Era vecchio ma visse ancora molti anni dopo quell’incontro che fu per me, giovane giornalista del “Secolo XIX”, una delle esperienze più belle di quei tempi gloriosi per il quotidiano. Caldanzano, quel giorno, seppe con pochi gesti e qualche parola, raccontare la sua lunga vicenda artistica. Ricordo quando si avvicinò ad uno scaffale e sfilò la tela con le torri medievali di Savona quasi piegate da un vortice futurista. Poi si lasciò andare ai ricordi, di quando incontrò Filippo Tommaso Marinetti, nell’annus horribilis 1943, in occasione della mostra futurista di Savona nella quale il quadro, che aveva tra le mani, era stato esposto. E del suo colloquio con Marinetti e di quella incredibile e imprevedibile raccomandazione finale, pronunciata con paternacondiscendenza dal poeta di Zang Tumb Tumb: «Dimenticati del Futurismo». Marinetti sarebbe partito qualche giorno dopo per Salò. Morirà l’anno dopo a Bellagio, sul lago di Como.

Caldanzano aveva 22 anni. E doveva ricominciare tutto da capo.

Il giovane pittore prese in parola Marinetti. E quel giorno, probabilmente, con l’addio al Futurismo, nasceva un poeta che ci avrebbe accompagnato per tanti anni a venire”.

testo tratto dallo scritto del Prof. F. Molteni per la presentazione della mostra:

GIGI CALDANZANO – “Quando la banda passo…”

dal 30/11/2024 al 26/01/2025 –catalogo mostra disponibile in galleria

Gigi Caldanzano- “Quando la banda passó…” – pastello su carta 59x19cm

Gigi Caldanzano – I tifosi del Savona Calcio – olio su tela 49x59cm

Gigi Caldanzano – La trattoria dei quattro venti – olio su tela 50x60cm

GULLIarte – via Nostra Signora dell’Olmo 5/7/9 – Savona

info: www.gulliarte.it – facebook/instagram:@gulliarte.it – info@gulliarte.it – 3478055044

ORARIO GALLERIA: chiuso il lunedi mattina- pomeriggio 15.30/19.00tutti i giorni dalle ore 12.00/19.00


Nell’ambito della retrospettiva dedicata la Maestro Carlos Carlè, FUOCO, MATERIA,FORMA, negli spazi espositivi della Galleria GULLIarte a Savona, invia Nostra Signora dell’Olmo 5/7/9, in collaborazione con l’Associazione ”G. ROSSINI” di Savona,

Domenica10 novembre alle ore 17.00

si terrà la performance musicale:

UN TANGUITO PARA CARLOS”

eseguita dal chitarrista Federico Briasco chesuonerà alcuni brani scelti per omaggiare l’artista.

In questa giornata saranno proiettate alcune interviste a Carlos Carlè, che saranno un’occasione speciale per apprezzare l’evoluzionedella sua creatività e le tecniche da lui utilizzate.Musica, arte e tradizione ci porteranno idealmente nel mondo di questo grande scultore che è sempre rimasto legato alle sue origini senza esserne limitato, le cui opere, al contempo astratte e concrete, regalano nuove emozioni ad ogni sguardo. La mostra si concluderà il 24 Novembre 2024.






OPERE IN PERMANENZA I DISPONIBILI N GALLERIA:

Carlos Carlé : Pannello in grés/smaltato 82x82cm – informazione valore contattare galleria

Carlos Carlé : Pannello in grés/smaltato 2008 98×46 cm – informazione valore contattare galleria

Carlos Carlé: Semisfera in grés/smalti diam. 50cm – informazione valore contattare la galleria

Carlos Carlé: Piatto 2011- 35x42cm – informazione valore contattare la galleria


CARLOS CARLÉFUOCO, MATERIA, FORMA

La mostra si é svolta dal 28 settembre 2024 fino al 24 novembre, presso la Galleria GULLIarte, a Savona in Via Nostra Signora dell’Olmo 5/7/9.

GULLIarte ha ospitato nuovamente, dopo dieci anni, le opere del Maestro Carlos Carlé, ed ha dedicato a fine mostra una stanza, presso la Galleria di Savona, nella quale sono allestite in permanenza le opere del Maestro

La mostra é stata presentata dal critico d’arte Matteo Fochessati, ed è stata un’ideale prosecuzione, in misura ridotta, dell’ampia mostra che tra aprile e settembre 2024 è stata organizzata da GULLIarte in collaborazione con il Centro Ceramico Museo Pagliero nei locali dell’antica Fornace Pagliero 1814 di Castellamonte (TO).

La retrospettiva è stata curata da Antonella Gulli che ha selezionato 40 opere in grés ceramico, di diverse dimensioni: sculture, totem, bassorilievi, dischi, sfere, alcuni della quali inedite, eseguite in vari periodi storici, che seguono l’evoluzione artistica del Maestro.

La prima volta che Carlos Carlé è venuto in Italia risale agli anni 60. Dapprima a Vietri sul Mare, dove intraprese varie sperimentazioni nel campo del design. La materia diviene per lui un fattore importante con una sua precisa significazione progettuale. Si trasferisce stabilmente ad Albisola, dopo aver acquisito un grande bagaglio di conoscenze cosmopolite, maturate tramite contatti ed esperienze in diversi paesi del mondo.

Il Maestro già in giovinezza, in Argentina, aveva acquisito dimestichezza con il mondo della ceramica nella fabbrica di mattoni refrattari del padre, dove aveva avuto modo di sperimentare il comportamento delle argille cotte ad altissima temperatura, traendo sapienza e perizia nella manipolazione della terra.

Enzo Biffi Gentili ha definito Carlos Carlé “un costruttore”, in quanto plasmava l’argilla, con la sovrapposizione della stessa, continuando nell’accrescimento dell’opera, attraverso uno sviluppo formativo, quasi organico, di stampo architettonico. Carlé esercitava un controllo sulla materia con geometrie primordiali, che si collocavano coi principi originari di una cosmogonia elementare: sfere, cerchi, quadrati, parallelepipedi.

Le sue sculture rappresentano una costruzione tra dialettica, razionalità e caos, con lacerazioni, squarci sia all’interno che all’esterno delle opere, fino a risultare di una sostanza ruvida, corrosa, dalla quale la materia emerge con una forza eruttiva.

Le opere di Carlé sono cotte ad alta temperatura, a milletrecento gradi, e il risultato prodotto sul grés è quello quello di effetti rugginosi, sgretolamenti, che rimandano alle corrosioni dei grandi muri di Antoni Tapies, riconosciuto da Carlé come suo mentore e maestro ideale.

L’artista osservava la natura, il mondo, la realtà prendendo spunto per gli sviluppi della sua arte.

La mente e le sue mani di scultore si inserivano in questo circuito di tempo e natura, catturandone lo spirito e imprigionandolo nelle proprie creazioni. L’osservazione dei sassi, ad esempio, che il tempo ha levigato con l’acqua arrotondandoli e incidendoli mediante lo sfregamento, ha suggerito a Carlé le opere “Cascotes”, come nella sua lingua madre vengono chiamati i sassi frammentati.

La struttura stratificata di queste opere, i segni e i colori, raggiunti mediante la sovrapposizione di terre colorate e l’utilizzo di smalti fusi sulla superficie, hanno generato effetti, che suggeriscono un’erosione spontanea dell’opera, in un processo naturale.

Le esperienze di lavoro in Italia e all’estero hanno lasciato un segno indelebile sulle sue opere, come si può percepire nei “Megaliti per Barge”, dove l’equilibrio raggiunge la perfezione e la forma si rasserena, si addolcisce, si bilancia, con inserimenti di materiali come la pietra con la sua morbida cromia grigia, alternati a colori azzurri che mitigano le imponenti opere riportandole ad una concretezza terrena. A

Carlos Carlé ci ha lasciati nell’aprile del 2015.

Antonella Gulli

catalogo mostra, disponibile in galleria. info: +39-3478055044 info@gulliarte.it


Palazzo Milzetti Museo Nazionale dell’età neoclassica in Romagna 
Oltre il neoclassico
Kéramos a Palazzo Milzetti

inaugurazione venerdì 30 agosto ore 18,00
Venerdì 30 agosto, alle ore 18,00 inaugura a Palazzo Milzetti:
“Oltre il Neoclassico. Kéramos a Palazzo Milzetti”,
una esposizione-installazione organizzata nell’ambito di “Argillà”, festival internazionale della ceramica e mostra mercato, che si svolge a Faenza dal 30 agosto al 1° settembre.
La mostra verrà presentata da Domenico Iaracà, con la partecipazione della direttrice del museo Elena Rossoni e del Sindaco di Faenza Massimo Isola.

Promossa dalla galleria GULLIarte di Savona in occasione dei dieci anni della rassegna “Kéramos” e concertata con il museo, l’esposizione “Oltre il neoclassico. Kéramos a Palazzo Milzetti” propone opere di quattro artisti dalla carriera internazionale: Marian Heyerdahl, Ole Lislerud, Sandro Lorenzini e Renza Sciutto.
Quattro linguaggi artistici differenti in una mostra che li mette in dialogo con l’apparato decorativo di affreschi e stucchi realizzato dal pittore Felice Giani e dai suoi collaboratori nel Museo Nazionale dell’età neoclassica in Romagna a Palazzo Milzetti, una delle sedi della Direzione Regionale Musei Nazionali Emilia-Romagna.
Più che di una vera e propria mostra si tratta di una installazione di opere in spazi scelti con la collaborazione della direzione del museo, “presenze” che si rivelano durante la visita del palazzo, arricchendolo pur rispettandone la sua straordinaria unità stilistica.
Come afferma Domenico Iaracà, a cui è stata affidata la presentazione della mostra, Palazzo Milzetti è protagonista dell’esposizione quanto le opere stesse e le sculture in ceramica, in un gioco di rimandi, si aprono a nuove letture attraverso l’interazione con le decorazioni e gli spazi.
Sculture di grandi dimensioni e pannelli in porcellana, opere figurative e altre astratte, alcune delle quali progettate per l’evento, presenteranno la ricerca degli artisti su temi diversi – il sacro e il ruolo della donna, la guerra e le sue vittime civili – così da offrire un esempio della versatilità del medium ceramico contemporaneo. Tematiche che intercettano altrettante suggestioni provenienti dalla straordinaria dimora neoclassica, in un dialogo senza tempo, sempre attuale, incentrato su grandi temi dell’umanità.

L’iniziativa vuole sottolineare l’importanza della relazione del museo con la città, le comunità e le loro attività. La partecipazione alle tante iniziative di “Argillà” e al suo programma di mostre ed eventi, si pone pertanto nel solco delle diverse collaborazioni in atto tra la Direzione Regionale Musei Nazionali Emilia Romagna, con la sua sede di Palazzo Milzetti, il Comune di Faenza e il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, in una prospettiva di rete finalizzata ad un sempre maggiore arricchimento culturale del territorio.

La relazione con il progetto “Kéramos”, un appuntamento ormai decennale con la ceramica artistica contemporanea e del Novecento promosso da GULLIiarte, permette inoltre di mettere in rapporto, come già avvenuto in altre edizioni di “Argillà”, la città di Faenza con la città di Savona, entrambe parte della rete di AiCC – Associazione Italiana Città della Ceramica.
Esposizione dal 31 agosto al 15 settembre. Per le tre giornate di “Argillà”, dal 30 agosto al 1° settembre, l’ingresso sarà gratuito.Per le rimanenti giornate dell’esposizione, ingresso con biglietto del museo
https://palazzomilzetti.cultura.gov.it/Orari di apertura
30 agosto: ore 18,00 inaugurazione e apertura straordinaria serale sino alle 22,30.Dal 31 agosto:
da lunedì a sabato dale 9,00 alle 18,30 domenica dale 13,30 alle 18,30Per informazioni:
drm-ero.pamilzetti-ra@cultura.gov.it
tel. 0546 26493 

TESTO CRITICO DI PRESENTAZIONE A CURA DI DOMENICO IARACÁ

Oltre il neoclassico. Kéramos a Palazzo Milzetti
In occasione del decennale della rassegna ideata da Antonella Gulli, un progetto di ampio respiro dal nome 4 per10kéramos tocca diversi centri della ricerca ceramica contemporanea per terminare nella capitale indiscussa, Faenza, in occasione di Argillà 2204. Ed è la prestigiosa cornice del Museo Nazionale dell’Età Neoclassica in Romagna a palazzo Milzetti a fare da coprotagonista all’evento, quasi un’eco alla lettura eterodossa che il pittore neoclassico Felice Giani ha dato del movimento culturale. Sono quindi quattro artisti contemporanei che utilizzano la ceramica ad animare gli spazi del palazzo con le realizzazioni in continuità o in contrasto con gli ambienti che li ospitano.
Sembrerebbero più vicine alla grande coroplastica etrusca che non alle idealizzazioni winckelmanniane le grandi sculture di Sandro Lorenzini che occupano le nicchie della sala di Apollo. Eroi e dei di un pantheon che getta le radici nell’antichità, ma rappresentati con linee talvolta spezzate e dalle cromie fortemente contrastanti, per arrivare infine all’oro della maschera di Agamennone che si staglia sulla terracotta non smaltata. Un repertorio di attributi divini e simboli anima una produzione scultorea di notevoli dimensioni e di elevata difficoltà tecnica, in una produzione che rilegge l’antico- o forse l’atemporale aspirazione al sacro – con un occhio contemporaneo.
Cambia il centro dell’attenzione, l’oggetto della sua ricerca l’artista che abita la stanza della pace e della guerra: se i guerrieri cinesi di terracotta a cui l’artista si rifà erano protagonisti unici della vicenda, con il loro ruolo attivo di uomini in guerra, la rilettura dei conflitti data da Marian Heyerdahl si focalizza su chi questi eventi li subisce, siano essi donne o bambini. Sono i loro i volti ritratti, protetti da un’inutile casco di carapace di aragosta. Alle loro vite sembrano rimandare le fratture tra le tessere che compongono la parola pace sui suoi grandi piatti, quasi metafora di ferite profonde che vengono in superficie.
In contrasto con la profonda sofferenza i colori talvolta squillanti, quasi da oggetto POP, scelti dall’artista
Figure aniconiche quelle di Renza Sciutto in grado di echeggiare il livello più arcaico dell’arte greca. Tali infatti erano spesso gli xoana, simulacri lignei a rappresentare gli dei, forse per la difficoltà, se non l’impossibilità, di dare forma al sacro, nel mondo antico come in quello contemporaneo. Sono al contempo totem della modernità le forme architettoniche coperte dal reticolari di aperture, specchio dell’esperienza newyorkese dell’artista: espressioni figurative e non, ma accomunate dalla monumentalità che li contraddistingue.
A questo elemento, formale e contenutistico al tempo stesso, se ne aggiunge un altro veicolato dalla scelta del materiale, quello della cera d’api in particolare, materiale che copre parte delle sue opere, con la sua malleabilità e la cromia pastosa. Ed è quasi a far da eco alle dinamiche intime, familiari, che alcune delle sue opere sono esposte anche nel piano interrato del palazzo, nelle cucine dello stesso.
Se dovessimo invece cercare un parallelo per i grandi pannelli di Ole Lislerud è alla pittura pompeiana che dovremmo forse guardare. Se il parallelo può essere condotto sulla scala delle opere, non lo è certo per la scelta cromatica adottata dall’artista, che ci avvicina a movimenti di rottura con la classicità e un certo accademismo. Traguardando oltre il boudoir del palazzo si arriva alla loggia dove le sue lastre di porcellana ci propongono una bellezza contemporanea. Le nudità ritratte da Helmut Newton, citate da Lislerud, e quelle classicheggianti di Giani propongono un confronto legato al tema della donna, alla sua bellezza e al suo ruolo sociale. Concubine vittime nel mondo antico, ci auspichiamo protagoniste in quello contemporaneo.
Abbiamo parlato di quattro importanti protagonisti dell’arte contemporanea chiamati ad interagire e a relazionarsi con un interlocutore non meno prestigioso. Il palazzo Milzetti con le sue diverse reinterpretazioni del classico finisse infatti per costituire un quinto protagonista più che non un semplice sfondo all’esposizione.
Dalle sale di rappresentanza agli ambienti più intimi – se non addirittura esclusi dalla fruizione degli ospiti antichi del palazzo, come potrebbero essere state le cucine – il percorso progettato a quattro mani dalla curatrice della mostra e dalla direttrice del Museo che lo ospita gioca su una voluta alternanza di temi e di forme che, volendo attingere ancora al mondo antico, potremmo definire variatio. In sintesi una preziosa opportunità per estimatori dell’arte, antica e contemporanea che sia, di apprezzare modalità diverse di guardare al mondo che ci circonda.

SCAPPATURA : RACCONTI D’ARGILLA




Dal 24 agosto fino al 15 settembre 2024, GULLIarte nella programmazione degli eventi “Kéramos off gallery” 2024, é presente presso la Fornace Pagliero 1814 a Castellamonte, come evento collaterale nell’ambito della 63^Mostra della Ceramica di Castellamonte con una personale dell’artista Laura Scappatura.
Le opere esposte sono sculture in ceramica: donne, alberi, pesci e sono protagonisti di un gioco di forme armoniche, serenamente narranti, secondo una ricerca espressiva inconfondibile, con la sapienza tecnica derivata da un pluridecennale percorso artistico di Laura Scappatura.

In contemporanea si riapre durante l’evento della 63^Mostra della Ceramica di Castellamonte, la retrospettiva del Maestro Carlo Carlé – FUOCO, MATERIA, FORMA, inaugurata ad aprile 2024 negli spazi museali della Fornace Pagliero.

Un’occasione unica per visionare circa 70 opere in grés ceramico, sculture, totem, bassorilievi e sfere, alcune delle quali inedite, di diversi periodi storici.
L’esposizione sará visitabile in Fornace fino al 15 settembre 2024, successivamente la mostra sará trasferita a Savona nella Galleria GULLIarte: dal 28 settembre al 24 novembre 2024.


Un allestimento di circa 70 opere in grés ceramico, sculture, totem, bassorilievi e sfere, alcune delle quali inedite, di diversi periodi storici.
L’esposizione sará visitabile in Fornace anche nei giorni della 63^ Mostra della Ceramica di Castellamonte fino al 15 settembre 2024.
Successivamente la mostra sará trasferita a Savona nella Galleria GULLIarte:dal 28 settembre al 24 novembre 2024.


MUSEO CENTRO CERAMICO CASTELLAMONTE

FORNACE PAGLIERO 1814 VIA SPINETO, 61 – CASTELLAMONTE

info/orario apertura mostre: organizzazione Daniele Chechi – 0124 582642 – cell. 39 377 4390604 ceramichecielle@libero.it – www.ceramichecielle.it

GULLIarte Antonella Gulli – cell. 39 347 8055044- info@gulliarte.it – www.gulliarte.it

SABATO 6 Luglio alle ore 18.30 s’inaugura, la retrospettiva dell’artista:

ADRIANO LEVERONETERRA, FUOCO, SCULTURA

presso gli spazi della Galleria GULLIarte, a Savona in Via Nostra Signora dell’Olmo 5/7/9.

Nell’ambito della programmazione della decima Rassegna Kéramos 2024, GULLIarte, propone una retrospettiva del Maestro Adriano Leverone. Un omaggio doveroso ad un grande artista e alla sua arte.


TESTO CRITICO

TERRA , FUOCO, SCULTURA

Adriano, nella sua vita di uomo, ha abbracciato l’Arte in maniera totale, donandole ogni sua forza, con fedeltà e tenacia incondizionate. Per farlo, si è servito di quei mezzi formidabili che la natura gli ha offerto: la terra e il fuoco. Terra e fuoco in realtà sono da sempre ingredienti del fare dell’uomo, in una quotidianità fervida e operosa che, scorrendo giù per il tempo, millennio dopo millennio, ha generato i modi e le forme e le cose e le regole della storia, in una consuetudine del fare e dell’innovare che abbiamo chiamato civiltà.

Guardando oggi le cose, gli oggetti che Adriano Leverone ha pensato, costruito e lasciato, ci accorgiamo di trovarci di fronte a dei testimoni immutabili e lucidi di processi creativi inusitati, di sfide immense, di tensioni e tenzoni vinte con armi umane apparentemente fragili, in realtà temprate dalla volontà ferrea e consapevole dell’artista, dalla fedeltà assoluta alla Bellezza, alla fatica continua accettata e consumata.

Nel lavoro di Adriano, lungo tutto il corso di una carriera eccezionale e feconda, oltre a una conoscenza eccellente dei processi tecnici, sono chiaramente leggibili i capisaldi di tanta impresa d’uomo: lo stupore commosso di fronte ai fenomeni naturali, tale da muovere la profonda sensibilità poetica e analitica dell’artista alla creazione di oggetti iconici e archetipici ad un tempo; e ancora: la capacità progettuale di forme e volumi pensati nella scala del “grande”, architettati in modo sapiente, ritmati da contrappunti di pieni e di vuoti estremamente concisi, netti ed espliciti e dall’uso sapiente dell’avvicendarsi di forme concave e convesse. E come non parlare delle superfici: materiali eterni, come il grés ad altissima temperatura o il bronzo o il granito o il marmo, trattati con rigore espressivo controllatissimo, fino a rappresentare epidermidi definite e riconoscibili, scorze ruvide, chiazzature timbriche, ora scabre e ora lucidissime, in una sinfonia anche cromatica che va dai toni calmi e caldi di smalti chiari, fino a scuri d’ardesia o di basalto, passando per concrezioni inaspettate e scandite dai gialli alle ocre, a certi azzurri così delicatamente poetici.

Quali che siano le forme delle sculture che oggi possiamo vedere, in gran parte ceramiche, come è logico in un artista che è stato da sempre e in primo luogo uno scultore ceramista di grande caratura internazionale, la lezione che ci viene impartita da Adriano Leverone è quella di un coraggio che non dispera, che partendo da un pensiero scaturito dalla natura o dalla storia, è capace di dare vita a forme che sintetizzano tale pensiero e lo rendono universale, ricevibile da chiunque di quel pensiero può legittimamente impossessarsi e leggere ora un personaggio, ora uno scudo, una tartaruga, un fiore o un frutto. Ma non, beninteso, in senso naturalistico. La realtà, per Leverone, è allusiva e simbolica, sempre rispettosa dell’ordine formale e conscio della percezione visiva o tattile di chi guarda o accarezza la scultura. Vi è, per quanto le masse siano imponenti e i materiali grevi, un linearismo sottile che le disegna e le rende lievi, compiendo in nome della bellezza quel contemporaneo straniamento dell’opera e del suo fruitore che costituiscono il magico miracolo degli artisti davvero grandi.

La sicura grandezza di scultore di Leverone è fuori discussione e la sua vita di artista ne è stata una coerente testimonianza.

Con la scomparsa di Adriano ho perso un’amicizia davvero profonda, un contatto mai interrotto, un affetto fraterno che si è consolidato negli anni passando per la stima e il rispetto reciproco, per due carriere parallele ed un colleganza che data dal 1975, senza dubbi né equivoci.

Con questo scritto voglio ringraziarlo per l’uomo, l’artista e l’amico che è stato.

Sandro Lorenzini.


Biografia – Adriano Leverone

(Quiliano 21 gennaio 1953 – Ferrada di Moconesi 5 gennaio 2022)

È stato un ceramista, scultore e designer italiano.

Dopo il diploma all’Istituto Statale d’Arte di Chiavari si iscrive, nel 1971, al Magistero

Artistico presso l’Istituto d’Arte per la Ceramica G. Ballardini di Faenza.

Tra il 1973 e il 1974 frequenta lo studio di Carlo Zauli.

Inizia in quel periodo la sua attività espositiva con mostre personali e collettive.

Nel 1975 apre il suo primo studio per la lavorazione della ceramica. Dal 1979 si dedica

anche all’insegnamento: dal 1979 al 1986 insegna Tecnologia Applicata presso la Scuola

per la Ceramica di Albissola, dove ancora nel 1996 ha l’incarico come Direttore Artistico

e docente. Dal 1990 al 1994 è docente del Corso di Formazione Professionale

Ceramica e Ardesia per l’ornamento architettonico a cura del C.I.F. di Genova.

Tiene inoltre stage di scultura ceramica al Berea College Craft (KY, USA).

Tra il 1983 e il 1985 fa parte del movimento artistico “A Tempo e a Fuoco” curato da

Vittorio Fagone.

Per conto del Ministero degli Affari Esteri, collabora come esperto nella lavorazione della

terracotta alle attività del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli, dal 1987 al

1989 in Etiopia nell’ambito del programma a sostegno delle popolazioni reinsediate nella

Valle di Beles, e nel 1992 in Brasile a Sao Raimundo Nonato, Stato del Piaui, partecipa

al programma per la formazione di tecnici e l’avviamento di una scuola di ceramica.

Negli anni successivi esegue per Enti Pubblici diverse opere in grès, ardesia e bronzo.

Viene inoltre invitato a partecipare a manifestazioni artistiche e simposi internazionali.

Durante la sua carriera artistica si aggiudica molti premi e riconoscimenti.

Le sue opere sono esposte in numerose collezioni private e pubbliche sia in Italia sia

all’estero.


ADRIANO LEVERONE – TERRA, FUOCO, SCULTURA

Inaugurazione: Sabato 6 Luglio 2024 ore 18.30

Periodo: 6 luglio – 15 settembre 2024

Luogo: GULLIarte – Via Nostra Signora dell’Olmo 5/7/9 – Savona

+39 019 812894 +39 347 8055044

info@gulliarte.it gulliatelier@gmail.com www.gulliarte.it

Orari: 11.30 – 13.00 I 15.30 – 19.30

Progettazione mostra, grafica, allestimento a cura di: Antonella Gulli e Amedeo Leverone

Presentazione a cura di Sandro Lorenzini.