XI RASSEGNA DI CERAMICA CONTEMPORANEA E DEL NOVECENTO


La XI RASSEGNA KÉRAMOS 2025 , s’inaugura SABATO 7 GIUGNO ORE 19.00

L’evento é inserito nel programma “off”, nell’ambito del III Festival della Maiolica 2025.

La mostra in Galleria GULLIarte che apre questo evento nazionale, giunta alla XI edizione, é una collettiva dedicata al grés, dal titolo “KÉRAMOS IN GRÉS”, nella quale sono presentati artisti già inseriti in galleria, abbinati a nuovi artisti sia contemporanei che storici e museali:

LORENZO BARTOLINI – CARLOS CARLÉ – EVANDRO GABRIELI – ADRIANO LEVERONE – SANDRO LORENZINI – YLLI PLAKA – ATSUSHI SHIMADA – ALESSIO TASCA – VITTORE TASCA – CARLO ZAULI.

Un grande lavoro di ricerca e di coordinamento a cura di Gulli Antonella con la collaborazione, la critica, la presentazione a cura di Domenico Iaracà .

Nel contesto, é presentata un opera ed un progetto, il quale é inserito in galleria e sviluppato con il patrocinio di GULLIarte: L’ALBERELLO – IL GIOIELLO PER LA TUA CASA.

All’esterno della Galleria un grande happening con l’ APERIKÉRAMOS, organizzato dagli esercenti di 2123 e RETRO, una sodalizio tra arte e cibo.

La programmazione di KÉRAMOS2025 é sviluppata in un arco temporale che parte dal 10 Maggio2025 fino al 26 gennaio 2026.

ALESSIO TASCA – SFERA 1982 — ADRIANO LEVERONE – LA CULLA —- CARLO ZAULI- SENSUALITÁ 1980 — CARLOS CARLÉ CASCOTTE


”Kéramos in grés“ – a cura di Domenico Iaracá

il grés ha una ricchezza, un calore, un’espressività che gli altri materiali non hanno”.

Carlos Carlé

“L’XI edizione della rassegna Kéramos vede la galleria GULLIarte arricchire il suo portfolio di artisti con opere in gran parte inedite o mai viste in questa sede grazie alla preziosa collaborazione di artisti, istituzioni museali e collezionisti privati. Ciò permette di tracciare un quadro significativo della ceramica prodotta in Italia negli ultimi cinquanta anni nel quadro di un omaggio a Carlos Carlé, a dieci anni dalla sua scomparsa.

La selezione operata sarà visibile sia in galleria sia in istituzioni museali fuori regione, a partire dal Museo ceramico Fornace Pagliero 1814 a Castellamonte, in provincia di Torino.

Le grandi architetture di Carlé ci legano a Leonardo Bartolini. Già dai titoli appare un interesse comune: Colonne in Carlé, Guglie e Bastioni in Bartolini, ma la trasposizione nei due appare immediatamente molto diversa. Fatta salva un’attenzione per la tettonica degli edifici riproposti in ceramica, una prima differenza si riscontra nel trattamento delle superfici: in Carlé ricorre un tratto distintivo fatto di tagli e incisioni; a questo si contrappongono le campiture uniformi di Bartolini che, partendo dagli spigoli taglienti degli edifici a cui si ispira, aggiunge i margini morbidi nelle citazioni dei cuscini giapponesi. Dal macroscopico al microscopico, dal monumentale all’oggetto della più intima quotidianità, l’artista rivolge il suo occhio attento alle volumetrie, al rapporto tra gli oggetti e lo spazio, nel significato più ampio di architettura, sia che si rivolga agli esempi italiani, sia che guardi al Giappone, suo Paese d’elezione.

Un nucleo importante di opere sintetizza la ricerca di Carlo Zauli, sperimentatore del grés a partire dalla metà degli anni ‘50. Dopo una fase produttiva con materiali della tradizione italiana, quegli anni vedono infatti la sperimentazione del nuovo materiale e l’affermarsi del bianco che ne è diventato una firma ante litteram. L’argilla dei campi solcati dall’aratro o, al contrario, le superfici levigate di sfere talvolta lacerate o fratturate; vasi sconvolti, con una definizione dell’artista stesso, ovvero collassati su se stessi e poi ricomposti; oppure le grandi steli, parcellizzazione di opere monumentali allestite stabilmente in molti Paesi: è ampio Il repertorio di forme che caratterizzano la produzione di Zauli, così come, all’inverso, è ristretta la tavolozza.
La porosità della materia e le superfici talvolta ruvide trasformano i suoi bianchi in opere il cui assistiamo al superamento del monocromo per ritrovare un tessuto ben più mosso, animato dallo scorrere della luce su una superficie non omogenea.

Vere e proprie rivoluzioni artistiche, quelle di cui stiamo parlando, a cui si aggiungono anche sperimentazioni tecniche che hanno lasciato un segno profondo nella ceramica. Ci riferiamo, tra le altre, all’uso innovativo delle matrici per laterizi all’interno della ceramica d’arte, innovazione sperimentata da Alessio Tasca nel suo laboratorio. È appena trascorso il cinquantesimo anniversario della presentazione delle sfere prodotte a trafila alla Biennale di scultura di Gubbio del 1974 e questa tecnologia continua ad essere sperimentata nel laboratorio che porta ancora il nome dell’artista, ma anche l’esterno, come nel Master in design del prodotto ceramico con il coinvolgimento dell’Accademia di belle Arti di Firenze e l’ISIA di Faenza. Nella mostra nella galleria GULLIarte un’opera storica prodotta grazie alla matrice appariva quindi imprescindibile. A questa opera si affianca un ulteriore pezzo unico: una rielaborazione sul tema della sfera, ma in questa occasione composta dall’unione di solidi, di forme geometriche che nella forma conclusa della sfera trovano una loro sintesi in un perfetto equilibrio formale.

Alle opere degli anni ottanta a firma di Alessio Tasca seguono quelle che Vittore Tasca produce in anni più recenti nello stesso laboratorio con intenti completamente diversi: le matrici utilizzate a suo tempo per la produzione di oggetti di design sono impiegate in progetti in cui l’essiccazione naturale del materiale è compartecipe nel percorso creativo. In una ricerca artistica in cui è centrale l’attenzione al mondo naturale, animale o vegetale, queste forme sono chiamate ad evocare aspetti organici. Non mancano tuttavia elaborazioni completamente astratte come quelle in mostra. Rispetto alla produzione storica della bottega la produzione si presenta decisamente innovativa, non solo per l’uso di smalti sui materiali storicamente impiegati, ma anche per le forme che, non a caso, sono indicate nei titoli da sigle e non a rimandi mimetici al mondo che ci circonda.


Altre due esperienze artistiche connesse fra di loro ci portano a Savona con Sandro Lorenzini e uno dei suoi allievi di un tempo, Atshuki Shimada. Partendo da Sandro Lorenzini osserviamo una ricerca accostata all’esperienza della west coast statunitense a al suo gusto per i colori accesi, un confronto con la produzione di artisti tra cui Peter Voulkos. Come ricorda Irene Biolchini nel catalogo della mostra al Museo di Savona, fu proprio lui ad invitarlo all’Università di Berkeley in una delle molte esperienze internazionali a cui, oltre agli Stati Uniti, vanno aggiunte poi Cina e Giappone. Prova tangibile dell’innovazione di Sandro Lorenzini, è presente in mostra uno dei tre grandi vasi prodotti nel 2007 allo Shigaraki Ceramic Culture Park, in Giappone. Applicando tecniche innovative Lorenzini fa uso di smalti sul corpo delle sculture e i tratti luministici in oro sono frutto addirittura di un quarto fuoco. Al cromatismo acceso e contrastante di alcune opere vanno accostati i toni cromaticamente più pacati di altre realizzazioni, ottenuti attraverso l’uso esclusivo di ossidi metallici sul grés in sculture dal tono più intimistico.

Allievo di Lorenzini già dagli anni delle sue residenze a Shigaraki, Atsuhsi Shimada ha seguito il maestro in ripetute esperienze giapponesi e in Italia prima di intraprendere un percorso autonomo. Il materiale utilizzato dall’artista non poteva che essere quello tradizionalmente utilizzato in Giappone, dove le cotture ad alta temperatura sono la norma. Ma le opere presenti in mostra presentano chiaramente il sovrapporsi delle influenze di due Paesi culturalmente molto lontani. Ecco il grande elmo con I tratti che rimandano alla scultura di Paladino e alle maschere veneziane del medico della peste: forme scabre dai tratti somatici spropositati in un’opera dall’impianto monumentale. In mostra opere riconoscibili stilisticamente, rarefatte ed incisive, come la sagoma della barca che, orizzontale o inclinata su un fianco, è pretesto per uno sviluppo in verticale delle forma, anticipando quanto Giuseppe Gallo ha realizzato per la Symphonie en trois mouvements presentata a Parigi nel 2008. Lì bronzi politi e rimandi perfettamente coglibili in ogni dettaglio, qui oggetti che rifuggono, come è stato detto, “le forme scontate di un’estetica narrante”.

Tra gli alunni di Carlo Zauli Adriano Leverone. Radicato nel territorio, ma aperto ad esperienze internazionali, sia di esposizioni che di didattica, perfino su incarico del Governo italiano. Locale e globale, così come argilla e ardesia: mondi all’apparenza antitetici, come, d’altra parte, una Madrepora o un Fiore e un Armigero corazzato, scultura di notevoli dimensioni che unisce bronzo e argilla. Un panorama ampio il suo che non esclude elementi naturali e rimandi quasi epici se non addirittura mitici: è quasi superfluo sottolineare che il termine di armigero rimandi ad un medioevo ormai lontano.
Opere che potrebbero bene essere inserite nell’informale hanno nomi che rimandano al contrario ad oggetti tangibili relativi all’orizzonte più diverso: temi naturalistici appaiono già a metà anni ’70 e in anni ben più recenti, separate da un venticinquennio dalle precedenti. Richiami ad un mondo reale non surclassano però l’interesse per il contrasto nella lavorazione delle superfici, siano queste quelle polite di metallo o argilla che definiremmo steccata alternate a quelle percorse dai suoi riconoscibili incavi dal profilo frastagliato.

Dopo aver visto molte opere riconducibili al termine generico e mai perfettamente esatto di informale, Ylli Plaka sembrerebbe portarci al nostro quotidiano. Ma questo è solo in parte valida e necessita di numerose precisazioni. Se mai dovessimo trovare un termine unico per definirlo potremmo suggerire quello di ibrido, di natura plurima in opere come Uomo lancia o Donna cigno. Se dovessimo poi procedere ad un computo delle sue opere sono ben poche quelle in cui la figura umana è oggetto esplicito della rappresentazione per lasciare invece prevalentemente spazio ad una ricca serie di animali, dai tratti però molto spesso umanizzati, come ho già avuto modo di sottolineare nella sua personale al Museo di rocca Flea a Gualdo Tadino. La fusione di elementi presenti nel nostro orizzonte visivo avviene però in una maniera talmente inaspettata da ricondurre alcune realizzazioni al surreale, come nel busto con una serratura nel ventre, forse simbolo dell’imperscrutabilità femminile.

Animatore delle Officine ceramiche di Roma, Evandro Gabrieli ha già al suo attivo importanti esperienze in Italia e all’estero, dal Concorso Internazionale di Andenne, in Belgio, alla Biennale di Faenza di prossima apertura, ad esemplificare la sua ricerca recente. Architetture emotive,vista ad Andenne era la trasposizione dei trabucchi collegati ai suoi ricordi di infanzia. Così le opere selezionate al Premio Faenza e per l’esposizione savonese. In queste, ci dice, è presentata “una riflessione personale e intima sul sentimento della paura e dell’ansia, esplorando un malessere che è sia sociale che individuale. Con queste creazioni intendo aprire un dialogo, un confronto sull’esperienza di chi si trova a fare i conti con questi stati emotivi. Per raccontare questa riflessione, sono stati scelti come simboli la ”boa” e la “bitta”, volumi cilindrici e da parete, questi lavori ritraggono immagini di atolli e paesaggi terrestri visti dall’alto, attingono all’immaginario del paesaggio marino e ai ricordi dell’infanzia, a un periodo della crescita personale che, pur essendo meno strutturato, è caratterizzato dalla scoperta ludica del mondo circostante e dalla spensieratezza”.

Sono l’Argentina e l’Italia, Savona in particolare, i poli tra cui si svolge la vicenda biografica di Carlos Carlé. Due poli all’apparenza antitetica sono poi quello della lavorazione di laterizi per l’edilizia e la maiolica, ovvero l’industria di famiglia in cui si sono svolti gli anni di formazione e l’occupazione successiva, una volta arrivato in Italia. Potrebbe essere semplicistico dichiarare che il risultato finale della ricerca artistica di Carlé sia una sintesi dei due elementi, ma in realtà alcuni aspetti potrebbero legittimare questa nostra affermazione. Ci riferiamo all’attenzione agli elementi costruttivi, architettonici di molte opere del Maestro, riassunti già dai titoli, come già detto, a cui si unisce un’attenzione per il colore. Non è solo questo a caratterizzare le superfici delle opere: l’artista stesso ricorda l’intervento di “elementi anche molto semplici: li graffio, li taglio, li buco, li lavoro in questa forma qui, per arricchirlo e poi dó una patina molto semplice con diversi ossidi che con l’alta temperatura produce effetti che amo molto. Sempre un po’ contrastato con qualche parte di lucido, di smalto, di cristalli, di vetri, perché una cosa fa vivere l’altra, arricchisce l’opera”. Ecco quindi gli elementi di quella che abbiamo definito una caratteristica immediatamente riconoscibile delle sue opere.
In sintesi una mostra a più voci atta a dimostrare la specificità di un materiale ceramico nell’esperienza molteplice della creatività dei Maestri.

Domenico Iaracá


PROGRAMMA XI RASSEGNA KÉRAMOS 2025

CASTELLAMONTE

Una mostra fuori sede, a Castellamonte, nella ridente localitá del Canavese, centro di antica produzione ceramica, presso il Museo della Ceramica Fornace Pagliero 1814.

Si é aperta il 10 Maggio 2025 una retrospettiva dedicata al Maestro GIORGIO MOISO dal titolo

“COLORE, MATERIA, GESTO”; esposizione a cura di Antonella Gulli, con testo critico e presentazione a cura di Domenico Iaracá.

Un allestimento di circa 70 opere in ceramica, con sculture, bassorilievi, sfere, realizzate in diversi periodi storici.

Successivamente la mostra si trasferirá a Savona nella Galleria GULLIarte, dal 29 novembre 2025 al 26 gennaio 2026.


SAVONA

Dal 7 giugno 2025 dalle ore 19.00, nell’ambito e in collaborazione con il terzo Festival della Maiolica 2025 a Savona, GULLIarte si apre la rassegna KÉRAMOS 2025 con una importante collettiva.

La mostra, dal titolo Kéramos in grés a cura di Antonella Gulli, con testo critico e presentazione a cura di Domenico Iaracá.

Artisti in esposizione

CARLOS CARLÉ – ADRIANO LEVERONE – ALESSIO TASCA- CARLO ZAULI

LEONARDO BARTOLINI – EVANDRO GABRIELIADRIANO LEVERONE

SANDRO LORENZINI – YLLI PLAKA – VITTORE TASCA – ATSUSHI SHIMADA

Al vernissage, verrá offerto un apericena a tema, “Aperikéramos”, sviluppato sugli spazi stradali difronte alla galleria in collaborazione con alcuni esercenti del quartiere : RETROBOTTEGA – 2123


CASTELLAMONTE

Dal 23 agosto al 15 settembre 2025 nell’ambito delle manifestazione della 64 Mostra dela Ceramica di Castellamonte presso il Museo della Ceramica Fornace Pagliero1814, é ospitata la collettiva

Kéramos in grés”.

Artisti in esposizione:

CARLOS CARLÉ – ADRIANO LEVERONE – ALESSIO TASCA- CARLO ZAULI

LEONARDO BARTOLINI – EVANDRO GABRIELI ADRIANO LEVERONE

SANDRO LORENZINI – YLLI PLAKA – VITTORE TASCA – ATSUSHI SHIMADA


– Dal 23 agosto al 15 settembre 2025

Nell’ambito delle manifestazioni della 64 Mostra della Ceramica di Castellamonte, presso il Museo della Ceramica Fornace Pagliero1814 si apre la personale di ceramica con opere di pittura:

DOMENICO ASMONE – ”CROMATISMO PURO”

La mostra si trasferirá a Savona da GULLIarte dall’11 ottobre al 23 novembre 2025.


SAVONA

Dal 29 novembre al 26 gennaio 2025, da GULLIarte si trasferirá la mostra:

GIORGIO MOISO -”COLORE, MATERIA, GESTO”– giá presentata a Castellamonte.